sabato 26 aprile 2008

I racconti del vecchio scalpellino: il granito di Hitler.

Nel racconto del vecchio scalpellino c’era un episodio legato all’abbattimento della Torre.
Il granito ricavato dalla Torre fu destinato a soddisfare un ordinativo proveniente dalla Germania. Raccontando questa storia occorre lasciare per un po’ il lago dei misteri e spostarsi in quella che fu, per alcuni anni, la capitale dell’impero del male.
Il sogno visionario di Adolf Hitler fu un incubo per milioni di persone, anche se trovò migliaia di fanatici e volonterosi seguaci. L’imbianchino austriaco coltivò per tutta la vita velleità artistiche. Qualcuno ha sostento che se avesse potuto trovare il successo in quel campo il mondo non sarebbe diventata la tela su cui avrebbe dipinto col sangue le sue visioni.
Dal punto di vista artistico, il suo maggiore collaboratore fu Albert Speer. Egli fu architetto di Hitler dal 1934 al 1942, anno in cui venne nominato ministro dell'industria bellica. Il rapporto tra i due è oscuro e misterioso e molti storici hanno tentato di spiegarlo. Certamente Speer fu colui che cercò di tradurre le visioni di Hitler in veri progetti architettonici.
Tra questi, il più imponente e per molti versi inquietante è il progetto di edificazione di Germania (Ghermania). La città avrebbe dovuto essere la nuova capitale del Reich millenario sognato da Hitler. Questa città da incubo avrebbe dovuto sorgere sulle rovine di Berlino. Hitler e Speer non si proponevano infatti di sviluppare la città che avevano ereditato dalla storia. Intendevano piuttosto sostituirla con un nuovo centro di culto, che Speer non esitava a definire una “nuova Mecca”.
La nuova città avrebbe dovuto sorgere nel 1950 sulle rovine della vecchia Berlino (al punto che Hitler all’inizio accolse favorevolmente gli attacchi aerei alleati perché avrebbero fatto risparmiare sui lavori di demolizione).
Ogni modello doveva essere superato, in quanto il vero obiettivo era proprio quello di far impallidire al confronto Parigi, Vienna e Roma, cui la nuova città si sarebbe ispirata.
La Zeppelintribüne di Norimberga doveva essere più grossa delle Terme di Caracalla; la Kuppelhalle di Berlino doveva essere più grossa della cupola di S. Pietro; l'Arco di Trionfo doveva essere più grosso di quello di Parigi.
Una vera ossessione per le dimensioni, che seguiva un preciso criterio.
«Sempre il più grosso» era il parametro di Hitler per stabilire la dimensione degli edifici. «Lo faccio per restituire al singolo tedesco la consapevolezza del proprio valore. Per dire al singolo in tutti i campi: noi non siamo affatto inferiori, al contrario, noi siamo assolutamente uguali a qualsiasi altro popolo.»
Era un’architettura dalla monumentalità estensiva, perseguita con l’obiettivo del puro “record”, con edifici piuttosto mastodontici che maestosi.
Speer, dal 1937 “Ispettore generale per la nuova strutturazione della capitale del Reich”, progettò i diversi palazzi in pietra massiccia, sulla base della sua personale teoria del “valore delle rovine”. Gli edifici erano pensati fin dall’inizio a come sarebbero stati in forma di rovina. Per questo si evitò il più possibile l’acciaio, che sarebbe arrugginito, scegliendo invece le pietre naturali, che avrebbero fatto assomigliare i monumenti alle rovine romane.
Il granito, pietra eccezionalmente dura e resistente, fu scelto come il materiale più idoneo a costruire gli edifici della nuova capitale. Per questo vennero individuate cave di granito in ogni parte d’Europa che avrebbero dovuto fornire il materiale. Idealmente, camminando sulle lastre dei migliori graniti d’Europa, i nazisti avrebbero calpestato tutto il continente.
Anche ad Alzo giunsero gli architetti di Hitler. Il granito della Torre venne pazientemente squadrato nei formati richiesti. Gli scalpellini italiani erano stupiti e preoccupati dalla precisione germanica, che non tollerava che i pezzi fossero mezzo centimetro più larghi o più stretti di quanto ordinato…
Poi venne la guerra e la peste nazista, finalmente, finì. Della città immaginata per un impero immaginario non rimase pietra su pietra.
Il padrone delle cave dovette fuggire in sud America. L’attività estrattiva ad Alzo entrò in una crisi irreversibile. Molti scalpellini persero il lavoro. I pochi che continuavano vedevano i loro figli preferire la fabbrica alla cava.
Il vecchio scalpellino che aveva visto la Torre ergersi in tutta la sua maestosità ne parlava con rispetto, come se non fosse una semplice formazione rocciosa dovuta ad un caso capriccioso. Non lo disse, ma ho ragione di credere che pensasse alla Torre come a qualcosa di vivo. Come se gli scalpellini, senza rendersene conto, avessero messo a nudo il cuore della rupe e avessero prosperato sotto la sua potente mole. Il suo crollo segnò la fine di un’epoca e fu per molti l’inizio della fine.
Una cosa è certa: la maggior parte degli edifici dell’immaginaria città di Germania non venne nemmeno costruita. I resti della Torre, ridotti a massi lavorati rimasero a lungo ad Alzo, accatastati come un monumento alla follia umana, finché ad uno ad uno non vennero venduti tutti.
Impiegato per i cordoli delle strade e i marciapiedi nelle città ricostruite, il granito della città sognata da Hitler finì con l’essere calpestato da milioni di anonimi piedi in tutta Europa.
Forse quella fu la vendetta della Torre…

I racconti del vecchio scalpellino. La Torre, parte prima.

I racconti del vecchio scalpellino. La Torre, parte seconda.

Il granito di Hitler.


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