C’erano una volta, molto tempo prima che i Walser s’insediassero a Campello Monti, due alpigiani che lavoravano alle dipendenze dei Canonici di San Giulio.
I due uomini in precedenza erano stati ladri e assassini. Imbrogliando i Canonici avevano pensato di trovare in quel luogo appartato un rifugio sicuro, in cui esercitare la loro indole malvagia.
Pochissimo interessati al lavoro nei pascoli, erano invece principalmente occupati a compiere ogni genere di sopruso ai danni degli altri alpigiani. Spostavano i termini dei confini, tagliavano le piante e facevano sparire le greggi. E le donne e i ragazzi dovevano stare ben alla larga da loro, se non volevano finire molto male.
Le lamentele per le loro iniquità giunsero infine agli orecchi dei Canonici, che decisero di andare di persona a controllare ciò che stava accadendo in quei luoghi.
Due di loro salparono all’alba dall’Isola di san Giulio e, sbarcati ad Omegna, risalirono la valle a piedi. Quando giunsero a Capello videro coi loro occhi i due intenti a rubare della legna nel bosco. Allora si avvicinarono e cominciarono a rimproverarli aspramente, ricordando loro le pene che attendevano i peccatori dopo la morte.
I due però risero alle loro parole e bestemmiando gridarono di non avere alcuna paura né degli uomini, né di Dio. Infine, afferrati bastoni e coltelli, si avvicinarono minacciosi ai due Canonici per togliere di mezzo quegli importuni testimoni.
All’improvviso però si alzò una nebbia fittissima e i due banditi non riuscirono più in alcun modo a scorgere i Canonici. La foschia era così densa da non consentite loro nemmeno di vedere i propri piedi, così cominciarono a brancolare come ciechi, chiamandosi l’un l’altro.
Infine riuscirono a trovarsi e si abbracciarono felici, ridendo e bestemmiando Dio, che nulla poteva contro di loro.
Ma non appena uno dei due mosse un passo, trovò il vuoto invece del terreno erboso. Aggrappandosi disperatamente al compagno lo trascinò con sé nella caduta. I loro corpi caddero sulle rocce sottostanti e finirono nel torrente, che li trascinò via.
Quando infine i loro corpi vennero trovati, incastrati sotto una cascata, si diffuse una voce. Le loro anime, a punizione dei loro peccati, sarebbero rimaste per sempre sotto quelle acque gelide e turbinose, eternamente battute e rivoltate dalla corrente.
Per questo motivo la cascata prese il nome, che ancora conserva, di “Pissa dei Dannati”.
Questo è un blog di racconti, leggende, storie raccontate dagli ubriachi nelle osterie e di cialtronesche invenzioni che ruotano attorno al lago d'Orta. Se cercate la Verità, qualunque sia quella che v’illudete di trovare, avete sbagliato indirizzo.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Post più popolari
-
Durante i restauri della chiesa di Armeno, una cinquantina di anni fa, emerse questo strano affresco, il cui autore è ignoto. Raffigura la...
-
Sulla sponda occidentale del Cusio, dove il lago fa una grande curva per allontanarsi dai paesaggi scoscesi dei monti e circondarsi invece d...
-
La villa sul lago era immersa nella pace, circondata dal canto degli uccelli, affaccendati a portare cibo ai piccoli nei nidi. Al centro d...
-
Premessa “Una lunga gelida estate” è il titolo di una serie di storie che ho trovato nel diario di Camilla . Inizialmente, devo confessarvi,...
-
Qualche tempo fa vi parlai della strana vicenda legata alla vita e alle opere di Ludovico Maria Sinistrari di Ameno. Vi ripropongo ora l’in...
-
Onde evitare equivoci ed incomprensioni, pubblico qui la mia idea di uno scambio di link che funzioni nel tempo. Un link non è mai un fatto...
-
Linus van Pelt, uno dei bambini protagonisti dei Peanuts, è convinto che nella notte di Halloween il Grande Cocomero sorga dall'ort...
-
Il 23 aprile è la Giornata del drago , per cui questa è a tutti gli effetti la settimana del drago. Per celebrarla adeguatamente ho pe...
-
C'era un tempo sul lago di Omegna una barca magica che navigava solo di notte. Su di essa si radunava una squadra di streghe che gra...
-
Presumo che solo pochi tra i cinque (quattro escluso l’autore) lettori di questo blog sappiano che sulla ridente sponda (non so perché si...
"Di un fatto del genere fui testimone oculare io stesso".
Ludovico Maria Sinistrari di Ameno.
Ludovico Maria Sinistrari di Ameno.
Il racconto è una rielaborazione della versione contenuta nel volumetto L'Uomo e l'Acqua, edito dall'Ecomuseo del Lago d'Orta e Mottarone nel 2002.
RispondiEliminaA loro volta, gli studenti della classe III di Casale Corte Cerro l'avevano ripresa da "la Valle Strona", volume edito dalla Fondazione Monti.