domenica 30 gennaio 2011

Curiosando nei cassetti della Bottega del Mistero

Ci sono cassetti vuoti ed altri che si fatica a chiudere. Ce ne sono molti che apriamo tutti i giorni e alcuni che preferiamo restino chiusi. Alcuni a chiave, per maggiore sicurezza.
Ci sono ricordi che si accumulano nei cassetti e manoscritti destinati a rimanerci. E ci sono cassetti che finalmente si aprono per fare uscire idee, storie e sogni.

A proposito di oggetti contenuti nei cassetti il nostro territorio ha una tradizione molto antica e interessante. Fin dal Cinque e Seicento, infatti, erano attivi ottonai e peltrai che producevano oggetti per la casa, come posate, candelieri, lucerne in ottone, scaldaletto e pentolame in rame. Era un mestiere che spesso li portava molto lontani dalle loro case, in Francia, Svizzera e Germana, dove girando di città in città costruivano e vendevano questi oggetti.

Il loro numero e la loro produzione ad un certo punto cominciò persino a dare fastidio agli artigiani locali, che denunciarono questi stranieri, con l’accusa di produrre e vendere oggetti che oggi chiameremmo “taroccati” con una quantità di metallo pregiato inferiore a quella prevista dalle leggi per le leghe metalliche.
Ne seguirono processi, da cui però i nostri emigranti furono assolti, dimostrando che era solo grazie alla loro bravura se riuscivano a produrre oggetti di qualità a prezzi inferiori.

Ad alimentare l’emigrazione era la pratica dell'apprendistato che spingeva molti giovani a seguire gli artigiani più esperti. Poteva diventare apprendista solo colui che vantasse una nascita legittima e fosse ritenuto retto e pio. Il periodo di tirocinio durava da tre ad otto anni. Se il giovane sopportava questi duri anni di pratica, il maestro gli richiedeva la realizzazione di un lavoro di prova prima di insignirlo della qualifica di lavoratore.
Uno dei primi documenti che attestano la pratica dell'apprendistato, in terra cusiana, è del 1628 e riguarda una convenzione tra Bernardo Monti e Bernardino Gonnella, entrambi d'Orta, affinché il Gonnella porti con sé in Spagna Battista Monti, il figlio di Bernardo.

Tra l’altro, sempre a proposito di cassetti, c’è un tipo di edificio che è una sorta di grande cassetto contenente oggetti misteriosi che parlano del nostro passato. Un tempo lo chiamavano Wunderkammer (Camera delle meraviglie). Oggi noi lo chiamiamo museo. Sul nostro territorio ce ne sono molti, ma se parliamo di oggetti per la casa una visita è obbligatoria al Museo arti ed industria di Omegna, che racconta proprio la storia della grande tradizione del casalingo nel Cusio, dagli antichi peltrai al design moderno e dalla caffettiera alla pentola a pressione.

3 commenti:

  1. Ciao Alfa!

    In Italia ci sono molti musei? Sì, ma non abbastanza forse, almeno se adottassimo il criterio di molti Paesi esteri, anche Europei (non solo il "Nuovo Mondo") dove quasi dal nulla e quasi con il nulla fioriscono i musei.

    In Italia invece c'è davvero molto.

    E aggiungerei che purtroppo spesso i nostri non sono abbastanza valorizzati, né manutenzionati a dovere.

    Spero di riuscire a passare da Omegna al mio rientro!...

    A presto!

    :) :) :)

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  2. Nel Museo Nazionale degli Gnomi c'è il cassetto dove fu rinchiuso per dieci anni lo stolto Gnomisbut, dopo aver fatto un terribile dispetto alla regina delle fate.

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  3. Ciao, imparo sempre qualche cosa leggendoti! Adoro i misteri, tutto cio' che contiene mistero. Non sapevo dell'antico nome dei musei. L'Italia e' cosi bella piena di fascino, ci dovrebbero essere ancora piu' musei! :)

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"Di un fatto del genere fui testimone oculare io stesso".

Ludovico Maria Sinistrari di Ameno.