domenica 15 maggio 2011

Una sorpresa spumeggiante dove meno te l’aspetti

Immaginate una scatola dove sia possibile collocare degli oggetti e far loro superare il trascorrere del tempo. Immaginate di riaprire dopo millenni una di queste scatole e trovare, coperti dalla polvere accumulatasi nei secoli, oggetti che raccontano la storia di una persona, di una famiglia o di un popolo.
Non stiamo parlando di una magica macchina del tempo. Parliamo, anche se a molti di voi parrà strano (e alcuni staranno facendo gli scongiuri), di tombe. Ma per gli archeologi esse sono straordinarie occasioni per aprire uno squarcio sugli usi i costumi e la vita materiale di persone vissute centinaia o  migliaia di anni fa.

Sono famose, ad esempio, le scoperte effettuate in Egitto, che hanno restituito oggetti preziosi, immagini e storie della vita di quelle epoche lontane.
Quello che più importante, per gli archeologi, non è la presenza di tesori, ma la possibilità di studiare preziose testimonianze storiche. Nel caso dell’Egitto  il clima caldo e secco del deserto favorisce la conservazione di molti materiali, costruiti in materiali organici (legno, pelle, ecc.), che normalmente non si sarebbero conservati. Oltre a indumenti e arredi, in molte tombe sono state rivenute addirittura offerte di cibo, come pane, frutta ecc.

Non solo il caldo secco consente di preservare gli oggetti in queste scatole del tempo consegnate all’eternità. In certe zone del mondo è il ghiaccio a consentire la conservazione.
Nella steppa siberiana, nel I millennio prima di Cristo, viveva un misterioso popolo di cavalieri che per i propri sovrani scavava grandi tombe squadrate, che poi ricopriva con grandi tumuli funerari. L’acqua che filtrava dal terreno, unita alle rigide temperatore siberiane, nei secoli ha riempito queste grandi camere di ghiaccio. Ibernandone fino ai nostri tempi il contenuto.

Scoperte importanti sono state fatte anche dalle nostre parti, in ogni caso. Ritrovamenti che hanno rivoluzionato, ad esempio, la nostra conoscenza di una bevanda che consumiamo comunemente ancora ai nostri giorni.
Una decina di anni fa, a Pombia, vennero esposti i risultati degli scavi di una necropoli dell’età del ferro, datata attorno al 550 a.C. Tra gli oggetti rinvenuti c’era un vaso di terracotta, che conteneva le ceneri del defunto, coperta da una ciotola che funzionava da coperchio. Incredibilmente, questa “scatola” era rimasta ermeticamente chiusa e la terra, contrariamente a quanto avviene normalmente, non era penetrata dentro l’urna.

Quello che incuriosì gli archeologi fu il fatto che sulle ceneri del defunto si trovava un bicchiere di ceramica. È un fatto abbastanza comune per le sepolture di quell’epoca, ma mai quella volta essi notarono un misterioso deposito sul fondo del bicchiere. Incuriositi lo fecero analizzare e ciò che scoprirono cambiò per sempre la nostra conoscenza di una comune bevanda.
L’analisi di quella “crosta” organica del peso di circa un grammo, incredibilmente conservata, fornì un responso inequivocabile. Il bicchiere aveva contenuto una sostanza liquida a base di un fermentato di cereali (in particolare orzo) con tracce di luppolo. Era stata scoperta, insomma, la più antica birra con luppolo d’Europa, smentendo clamorosamente una convinzione radicata che faceva risalire ai monaci medievali l’introduzione del luppolo nella fabbricazione della birra.

Da "la bottega del mistero" di Siamo in Onda su Puntoradio del 14.05.2011.

4 commenti:

  1. Che scoperta! Certo che questo antenato doveva proprio amare la birra, per esserci stato sepolto insieme!

    RispondiElimina
  2. Adoro sti argomenti ..... tombe & c. mi affascinano, hanno tante storie da raccontarci fffrrrrrrr

    RispondiElimina
  3. Mia nonna commenterebbe che gli uomini sono proprio tutti uguali: anche nella tomba vogliono ubriacarsi!

    RispondiElimina
  4. ma chi beva birra campa cent'anni ?

    meditate gente ...

    RispondiElimina

Lasciate una traccia del vostro passaggio, come un'onda sulle acque del Lago dei Misteri...

Post più popolari

"Di un fatto del genere fui testimone oculare io stesso".

Ludovico Maria Sinistrari di Ameno.