domenica 4 gennaio 2015

Ali spezzate

Domani ricorre il primo anniversario della mia caduta agli inferi. Udendo il volo dei corvi che gracchiano sopra le nostre teste da questo pozzo di dolore in cui mi trovo, circondato da una miriade di altri disgraziati, non posso non pensare, con un misto di nostalgia e rimpianto, a quel cielo da cui precipitai lentamente, appeso ad un fragile ombrello di seta bianca. 

Qui, in questo luogo cintato dove si accalca la disperazione e la dignità dell’uomo è quotidianamente umiliata, rivedo le fiamme ardere sulle ali spezzate del compagno di mille acrobatiche evoluzioni. Quanto ero libero, padrone dei miei gesti, dei miei movimenti leggeri oltre le montagne e le nubi, sulle spalle del vento, in quell’ieri felice così lontano dal disperato oggi in cui mi trovo! 

Ora che l’aria gelida del nord serve solo ad aumentare il nostro tormento, penetrando nelle baracche, facendo rabbrividire persino i pidocchi che si rintanano a legioni nelle divise lacere; ora che ogni passo è sorvegliato da occhi e mani armate; ora che tutto è limitato, rinchiuso e proibito da carcerieri il cui unico piacere sembra essere quello di umiliare e ferire le loro vittime, la nostalgia di quel volo perduto diviene tagliente come la lama del carnefice. 

Quando però il dolore esaurisce anche le lacrime; quando la sofferenza giunge al limite del baratro; quando la morte comincia a sembrarmi amica, allora, di nascosto, riprendo a solcare il cielo. 

Lo faccio di sera, alla luce incerta della luna, su piccoli pezzi di carta rubata dove capita. Sono brevi versi, i miei, frammenti di libertà scritti intingendo una preziosa penna nera nel mio stesso sangue. Un sistema doloroso, certo, ma mentre scrivo e dispiego le ali in un volo che nessuna contraerea potrà mai abbattere torno a essere, nuovamente, un uomo libero.


Il racconto parla di un pilota abbattuto col suo aereo e fatto prigioniero. Fu scritto per una rivista che si sperava avesse ali grandi, capaci di portarla molto in alto, e invece...

2 commenti:

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"Di un fatto del genere fui testimone oculare io stesso".

Ludovico Maria Sinistrari di Ameno.