giovedì 17 marzo 2011

W l’Italia!



In questa giornata dedicata ai 150 anni dalla proclamazione del Regno d’Italia, diventata data simbolo del lungo processo che portò alla nascita dell’Italia come nazione europea, ho voluto cercare alcune storie che fossero motivazioni non retoriche per festeggiare anche su questo blog.
Non si tratta, ci tengo a precisarlo, delle motivazioni più importanti o degne di nota, ma di alcune storie,  spunti personali che mi piace ricordare. E la loro importanza sta solo nel fatto di essere alcune delle moltissime storie che avrei potuto prendere, perché in fondo quello che conta è ricordare che quando parliamo della storia dell’Italia parliamo della nostra storia, nel bene e nel male, con le sue luci e le sue ombre, gli slanci appassionati e le contraddizioni.

Devo la prima storia a Vittorio, un mio amico e parente (il suo bisnonno e il mio trisavolo erano fratelli), che ha pubblicato una “Una storia di briganti e di bovari per l’annessione plebiscitaria dello Stato Pontificio” su http://www.setino.it/incontri-11.htm
Vi consiglio di leggerla, perché è una storia antica, ma vera, che si svolge tra paludi e briganti, coi quali i due fratelli (il mio trisavolo è quello che si esibisce, suo malgrado, nella prova di forza con l’asino) devono trovare un modus vivendi, così come con la malaria e i tanti guai di chi viveva in una zona bellissima, ma difficile.

La seconda storia  si lega alla figura di un lombardo per metà cusiano che si trovò a vivere un’incredibile avventura da “agente segreto di Cavour” nelle prime fasi della seconda guerra d’Indipendenza. Innocente Decio, questo il suo nome, svolse infatti una delicata missione per portare armi ai patrioti lombardi che a quei tempi complottavano per liberare la loro patria dagli austriaci.
È bene ricordare, per inciso, che l’illuminato governo austriaco cui talora si fa riferimento oggi, fu illuminato sì, ma nel Settecento. Nell’Ottocento, dopo che i Francesi di Napoleone avevano esportato in tutta Europa, Italia compresa, le idee della Rivoluzione il governo straniero del Lombardo Veneto divenne un ottuso e dispotico regime poliziesco che discriminava e guardava con sospetto i sudditi Italiani.
Ad ogni modo, di Innocente Decio parlerò domani sera (18 marzo) in una conferenza a Robecco sul Naviglio, presso il municipio, alle ore 21. Se abitate da quelle parti sarà l’occasione per incontrarci. Con Innocente Decio ricorderò anche la figura del figlio, Giulio Decio, che fu Ispettore Onorario alle antichità per la Riviera di San Giulio. Egli si adoperò per tutta la vita per tutelare e valorizzare il patrimonio culturale della patria, portando alla luce le necropoli dell’età del Ferro di Ameno e segnalando moltissimi altri ritrovamenti sul Lago d’Orta (e non solo) che senza la sua opera sarebbero andati persi per sempre.

La terza storia è quella della bandiera Nazionale Italiana. Essa fu istituita la prima volta (a testimonianza di quanto lungo e sofferto fu il processo di unificazione) dal Senato provvisorio di Bologna il 18 ottobre 1796, in un documento in cui si legge: "Bandiera coi colori Nazionali - Richiesto quali siano i colori Nazionali per formarne una bandiera, si è risposto il Verde il Bianco ed il Rosso."
Essa era stata ideata da due studenti dell'Università di Bologna, Luigi Zamboni di Bologna e Giambattista De Rolandis di Castell'Alfero (Asti), che nell'autunno del 1794, ispirandosi alla bandiera della Rivoluzione Francese, avevano unito il bianco e il rosso delle rispettive città al verde, colore della speranza per significare “Giustizia Eguaglianza Libertà”. Con questa bandiera sognavano di dare nuovamente l’indipendenza alla città di Bologna, liberandola dall’occupazione da parte dello Stato Pontificio, e accendere così la miccia della riscossa nazionale. Scoperti, furono arrestati, crudelmente torturati e uccisi. Avevano entrambi poco più di vent’anni.
L’adozione formale del tricolore si deve però a Giuseppe Compagnoni. Questo “padre del tricolore” fu un personaggio che ebbe una davvero una vicenda singolare. Nato nel 1776 aveva indossato l’abito talare e, come componente del Tribunale dell’Inquisizione nel 1791 aveva accusato di negromanzia il celebre e misterioso conte di Cagliostro, un mago, alchimista, massone, guaritore e imbroglione che ebbe grande fama nel Settecento. Accusato di eresia il conte fu rinchiuso in un’angusta cella della fortezza di San Leo, dalla cui minuscola finestra poteva godere della vista della sola chiesa di fronte. Mentre Cagliostro languiva dolorosamente in quel carcere (morì nel 1795), per protesta contro le torture inferte dal Tribunale dell'Inquisizione ai detenuti (tra i quali c’erano anche De Rolandis e Zamboni), Compagnoni abiurava (1794) i voti sacerdotali e abbracciava le idee illuministe. Con l’arrivo delle truppe francesi aderì alla repubblica Cispadana di cui fu deputato. Su sua proposta il tricolore divenne la bandiera della Repubblica Cispadana il 7 gennaio 1797.

Per parlare di queste e di altre storie sarò in piazza a Novara, con lo staff di Siamo in Onda, sabato 19 dalle 21 alle 24. Vi consiglio di monitorare il blog di Siamo in Onda e il sito di Puntoradio per avere maggiori informazioni sul programma completo di questa lunga diretta radiofonica novarese che celebrerà i 150 anni dell’Unità d’Italia.

3 commenti:

  1. Tutti uniti per celebrare la nostra Patria. Alla faccia di chi sputa sul tricolore.

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  2. Che, detto per inciso, è pure un reato...

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  3. Belle le storie che hai citato, come al solito originali e ottimamente documentate.
    I colori della nostra bandiera sono contenuti in una meravigliosa terzina di Dante, l'ho citata nel mio post dedicato all'Unità d'Italia!

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"Di un fatto del genere fui testimone oculare io stesso".

Ludovico Maria Sinistrari di Ameno.